Vangelo secondo Luca di oggi, nelle parole recita- te di don Pino Pedone, sembra scritto per raccontare la vita di Antonietta: Gesù che vuol sapere dai suoi discepoli chi pensano che egli sia. Loro rispondono: il Cristo di Dio.«Egli ordinò loro severamente, allora, di non riferirlo ad alcuno». Aggiungendo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua». Poco dopo, nell’ omelia della messa di suffragio per Antonietta De Vitis, a sei anni esatti dalla morte, don Pino – parlando dell’esempio di Gesù, silenzio e sofferenza – fa una domanda ai fedeli: «Per caso vi ricorda la vita di qualcu-na?».
Una conferma che torna qualche minuto dopo, all’at- to di congedare l’assemblea: «Siamo qui per ricordare Antonietta a sei anni dalla morte, e per sentirci in co- munione almeno spirituale con lei. Preghiamola, e pre- ghiamo perché interceda per noi presso il Signore».
La chiesa di San Nicola, nonostante il caldo e l’ora – sono le 19 di sabato sera – è gremita di persone: prati- canti puntuali, componenti dell’associazione “Antonietta De Vitis”, curiosi che hanno letto la notizia – una mistica con le stimmate in paese, la “Tetta” – sul- le pagine del giornale. Apprendendo di aver vissuto go- mito a gomito con una donna che già in molti ritengono santa.
«Io la conoscevo personalmente, sapevo tutto, perché sono vicino anche alla sua famiglia. Mi sono meravigliato di legger il servizio sul giornale – spiega Fer- nando Podo, 35 anni da titolare della caffetteria “Piccolo bar”, nella piazza principale del paese e di fronte alla chiesa di San Nicola – ma non del contenuto degli articoli: Antonietta, posso testimoniarlo diretta mente, ha vissuto tutta la sua vita a letto, senza farsi mai vedere da nessuno. Proprio per questo, a Nociglia, in pochi, pochissimi conoscevano la verità su di lei. Perché anche i suoi familiari avevano ricevuto la consegna del silenzio. Quindi, se non fanno santa lei…».
Una consegna del silenzio che Antonietta, a letto per 53 anni tra malattie e disturbi gravi, senza mangia- re né bere, aveva imposto anche alle sorelle: come ordi- natole dal Signore, raccontano i suoi figli spirituali, quando era ancora una ragazzina. «Anche noi eravamo obbligate a rispettare il suo voto di silenzio e segregazione assoluta», racconta all’uscita dalla chiesa la sorella Elvira, che l’ha accudita durante gli anni di sofferen- za nella palazzina di Nociglia. «Per non raccontare la verità, quando le chiedevano cosa avesse mangiato, in- ventava: “Cose buonissime”».